Ridotti al minimo i riti della passione a Gioia del Colle, che un tempo scandivano con forza i momenti di fede della Settimana Santa. Momenti di fede che vedevano in prima linea le tante confraternite presenti sul territorio, ma soprattutto quella del Purgatorio e di San Rocco. Queste due recitavano un ruolo importante in prossimità della Pasqua, la prima con la doppia processione dell’Addolorata nel venerdì precedente le Palme e il venerdì santo, l’altra con la processione dei S. Misteri, da qualche anno trasferita al venerdì e non più al Sabato santo.
Le altre confraternite (nove se ne contavano fino agli anni ‘70, ora non esiste più quella di S. Vito), invece, fino alla fine degli anni ’60 si alternavano, due per anno, il venerdì santo, con la processione dell’Addolorata e di Cristo morto (simulacri presenti in tutte le rettorie gioiesi).
Tradizioni, purtroppo, affidate all’oblio tanto da affievolire la misticità della settimana santa gioiese. Riti, un tempo, in grado di fare accapponare la pelle, ma soprattutto di riversare in strada l’intera cittadinanza gioiese, pronta a fare da degna cornice alle processioni che sfilavano per la nostra città.
Il fiore all’occhiello in questi casi era rappresentato dalla processione dell’Addolorata organizzata dalla confraternita del Purgatorio, soprattutto quella del venerdì santo, quando a dettare i ritmi di questa affascinante e composta processione era il mitico don Vincenzo Angelilli. Processione ricca di momenti emozionanti, dal bussare della Madonna alla porta della Chiesa Madre, ai penitenti, pronti a battersi sia all’ingresso che all’uscita dalla Matrice oltre al ritorno in San Francesco.
Ora, invece, la processione dell’Addolorata si tiene il venerdì prima delle Palme e certamente non rispecchia più la sacralità di un tempo, anche se la devozione nei confronti della B.V. Addolorata è rimasta intatta fra i gioiesi.
Intanto, quest’anno, l’occasione di questa processione ha rinverdito una tradizione passata. Ad accompagnare la processione è stato il Gran Concerto Bandistico “Paolo Falcicchio”, che come accadeva ai tempi dell’illustre direttore d’orchestra salentino ha esordito prestando servizio proprio in questa occasione. Circostanza che i melomani in avanti negli anni ricordano benissimo, e soprattutto ricordano proprio il Maestro Falcicchio, il quale dal balcone di casa ascoltava con grande interesse le esecuzioni delle diverse marce da parte della sua banda.
Scatti fotografici a cura di Mario Di Giuseppe.
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Commenti
Pensare, invece, a modificare i giri delle processioni solo per fare un po' più di cassa (no?) non serve a nulla, e per fortuna la processione dell'Addolorata è tornata sui suoi passi, almeno nel tratto di rientro verso San Francesco.
Ieri sera mi è capitato di assistere alla processione dei Misteri di San Rocco e, con molta meraviglia, ho notato come diverse persone erano in attesa fuori dalla Chiesa mentre la pioggia non si faceva ancora da parte. Freddo e ombrelli non li hanno fermati, e non hanno fermato neanche tutti coloro che fino alle 23.00 si sono preoccupati di mantenere vivo il sentimento religioso per le strade del paese. Proprio questa scena, l'attesa intorno alle ore 19.00 sul sagrato di San Rocco, mi ha fatto capire che in fondo in fondo la volontà popolare esiste ancora, bisogna risvegliarla e rinvigorirla. Questo è compito dei prelati e, con molta probabilità, anche delle stesse Confraternite, che dovrebbero farsi portavoce di evangelizzazione. Pensare che uno dei massimi reponsabili di questo degrado, don Mimì Ciavarella, proviene da un paese, Noicattaro, in cui rischi la pelle, se provi a modificare soltanto di una virgola la tradizione dei Crociferi e di tutto quello che si svolge nel triduo pasquale. Facciamoci forza e pensiamo che con un passo alla volta, si possono far progredire nuovamente queste tradizioni. Come dice il signor donato, guardare al passato in questo periodo di crisi farebbe più che bene. E a parlare, in questo caso, è un ventenne.
grazie per l'attenzione rivolta a questo argomento. Da appassionato delle mie radici e da studioso delle tradizioni locali, non posso che esprimere la mia amarezza per la perdita negli anni del patrimonio religioso e folklorico gioiese che ha lasciato spazio al "vuoto" della società attuale. I responsabili di questa situazione sono molti e non bastano i caratteri di questo commento per analizzare la questione. Occorrerebbe ritrovarsi tutti insieme come comunità e fare chiarezza sul passato, presente e futuro di questi riti che, inevitabilmente, hanno bisogno di rinnovarsi, senza perdere però il legame diretto con la tradizione passata. A tal proposito vi invito ad informarvi su come si perfezionano tutt'oggi le processioni più blasonate di città come Taranto, Molfetta, Savona, Siviglia, solo per citarne alcune. Io ho studiato tutte queste realtà e posso testimoniare il fatto che nel passato gioiese si mettevano in evidenza particolarità specifiche nelle processioni del nostro paese.
Sarebbe, chiaramente, molto positivo capire quali sono le risorse umane attuali su cui la religiosità locale può contare per portare "in scena" le processioni e le manifestazioni della Settimana Santa, e basarsi su questi dati per capire se è possibile un ripristino più o meno effettivo del passato e un miglioramento di quelli attuali.
E in ogni caso, non si deve lasciare che i Sacerdoti (di passaggio) possano decidere del destino di antichi rituali che, in un modo o nell'altro, avvicinano il popolo alla Passione.
Parlando con vari coetanei sono arrivato a capire che molti di loro sarebbero disposti a riprendere queste tradizioni, ma hanno bisogno di farlo per sè stessi: cosa c'è di meglio di un abito confraternale con un cappuccio calato sul viso per ritrovare la propria intimità e la propria preghiera mentre ci si immedesima con i dolori della cristianità? Il cappuccio richiama ai criteri di uguaglianza e collettività e, con molta probabilità, eviteremmo di vedere scene da mercato durante le processioni. Come si dice nell'articolo, un ruolo importante per questi eventi lo svolge la colonna sonora. Le marce funebri delle bande, un genere particolare e mai passato di moda (a Mottola si è appena concluso un Concorso per nuove composizioni del genere), accompagnano l'incedere dei devoti e il lento cammino dei portatori. E pensare che uno dei maggiori compositori di marce funebri per banda era proprio gioiese, m°Angelo Lamanna. Le sue composizioni in questi giorni riecheggiano nelle strade di tutta la penisola, e anche oltre. Speriamo che in un'epoca di perdizione si riesca a capire che poche giornate di intensa religiosità possano aiutare a riavvicinare i fedeli al culto. Santa Pasqua a tutti, nella speranza che tra qualche anno ci ritroviamo ad emozionarci all'alba, mentre scorre un'antica processione...(e a tutte le altre, comprese quelle penitenziali).