Al centro il riso. Il riso che scaturisce dall’inversione dei ruoli. Da ciò che sentiamo e avvertiamo diverso. “Nel saggio dal titolo Il riso, il filosofo Henri Bergson non cerca una definizione generale del riso o della comicità, ma vuole analizzare i diversi aspetti della questione, ricercando soprattutto le motivazioni di fondo per cui qualcosa che, di per sé non dovrebbe farci ridere, come ad esempio una caduta di un nostro simile, ci induce, invece, alla risata […]”.
In questi termini si esprime Pino Dentico, durante la presentazione – avutasi, venerdì 6 novembre, presso Spazio Unotre, splendida location, messa a disposizione dalla sensibilità artistica di Mario Pugliese – del testo ‘Storie da ridere della tradizione popolare pugliese’. Un libro, edito da ‘Edizioni di pagina’, a cura di Lino Angiuli, Lino di Turi, – che nella serata si sono occupati della lettura di alcuni racconti – e Piero Cappelli.
“Un libro che si basa sull’inversione dei ruoli, perché come suggerisce la lettura del saggio del filosofo francese, suscita il riso un allievo che insegna al docente […]. Che si basa sull’interferenza delle serie, perché una storia è comica quando una stessa situazione può appartenere a due momenti diametralmente opposti, creando quello che viene definito il no sense, dal quale scaturisce la risata […]”, così continua Pino Dentico, nel corso della sua curata e interessate introduzione. “D’altronde – conclude lo stesso – il riso per quanto schietto s’intenda cela sempre alcune determinate esigenze della vita comune. Il riso scaturisce da un’alterità, da uno sguardo in qualche modo spocchioso verso qualcosa che sentiamo non appartenerci. O nasce da una complicità. E se ho accettato di presentare questo testo è perché la risposta che mi sono dato è quella di un’assoluta complicità con i due Lino […]”.
Le Storie da ridere si muovono tra il realistico e il paradosso più estremo fino ad arrivare al grottesco. Quel grottesco che fa sì che si possa cogliere il ridicolo di una persona o di un fatto, se se ne individua anche il fondo dolente, di umana sofferenza. I protagonisti sono quelli della tipica novellistica italiana, e cioè donne sotto vari aspetti intemperanti, preti e monaci avidi e lussuriosi, mariti traditi e tontoloni, contadini cafoni e creduloni. I temi, infine, si alternano tra il macabro e il comico, la scempiaggine e la furbizia, e hanno come obiettivo l’intrattenimento, l’evasione, il piacere che nasce dal seguire casi avventurosi. Racconti che confluiscono nei motti arguti, in beffe e in vicende sentimentali maliziose e comiche. Racconti che colgono l’ironia attraverso una realtà vasta e variegata. Del resto “c’è tutta la multiformità dell’umorismo in questi esempi di letteratura popolare raccolti e reinventati in Puglia, grazie a intersezioni di poetica e stile post-rurali, che li insaporiscono senza tradirne le scaturigini […]”, come si legge nelle pagine della prefazione a cura di Daniela Marcheschi.
Una serata divertente e interessante che ha avuto un riscontro più che positivo da parte dei presenti. [foto Aldo Liuzzi]
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